Cosa è la mobilità sanitaria attiva
Nel contesto della sanità italiana, si sente spesso parlare di mobilità sanitaria, un fenomeno che riguarda lo spostamento dei pazienti da una regione all’altra per ricevere cure mediche. Ma all’interno di questo scenario, si distingue un concetto molto importante: la mobilità sanitaria attiva. Vediamo di cosa si tratta, come funziona, e quali implicazioni comporta, soprattutto per le regioni italiane e per la qualità dei servizi offerti.
Definizione di mobilità sanitaria attiva
La mobilità sanitaria attiva si verifica quando una regione accoglie pazienti provenienti da altre regioni per l’erogazione di prestazioni sanitarie. In altre parole, si parla di mobilità attiva quando una struttura ospedaliera o sanitaria riceve pazienti “in entrata”, cioè non residenti nella regione dove si trova il centro di cura.
Questi pazienti scelgono volontariamente – o per necessità – di curarsi in un’altra regione, e i costi delle prestazioni vengono rimborsati alla regione ospitante dalla regione di provenienza del paziente.
Come funziona il meccanismo economico
Il meccanismo di compensazione economica tra regioni è alla base del sistema della mobilità sanitaria. Le prestazioni erogate dalle strutture sanitarie vengono rendicontate ogni anno e incluse in un sistema di bilancio interregionale che consente di stabilire quale regione ha un saldo attivo o passivo.
- Se una regione riceve più pazienti di quanti ne “manda fuori”, ha un saldo attivo (mobilità attiva).
- Se invece i suoi cittadini vanno a curarsi altrove, genera un saldo passivo (mobilità passiva).
Le regioni con saldo attivo, come Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, riescono così a recuperare risorse economiche attraverso la qualità e l’attrattività delle loro strutture sanitarie.
Perché i pazienti scelgono di spostarsi?
Le motivazioni che spingono i cittadini a scegliere una regione diversa per curarsi possono essere diverse:
- Presenza di centri di eccellenza o strutture altamente specializzate;
- Tempi di attesa più brevi;
- Esperienza positiva di altri pazienti;
- Reputazione consolidata di un ospedale o di uno specialista.
Questa “fuga” sanitaria è spesso sintomo di disparità regionali nella qualità e nell’accessibilità dei servizi sanitari pubblici.
Mobilità attiva e attrattività delle strutture
Le regioni che investono in innovazione, infrastrutture sanitarie, tecnologie e formazione del personale riescono a diventare poli attrattivi per la cura di patologie complesse. In particolare, alcune strutture sono diventate veri e propri centri di riferimento nazionale per specifiche discipline mediche (cardiochirurgia, oncologia, neurologia, malattie rare, ecc.).
La mobilità attiva rappresenta, quindi, non solo un vantaggio economico per la regione, ma anche un indicatore di fiducia da parte dei cittadini italiani.
Il ruolo della mobilità attiva nelle malattie rare
Nel campo delle malattie rare, la mobilità sanitaria attiva è cruciale. Trattandosi di patologie complesse e poco diffuse, spesso le competenze e le strutture necessarie alla diagnosi e alla cura si trovano solo in alcune regioni. I pazienti, quindi, sono costretti a spostarsi in quei centri che dispongono delle risorse adeguate, contribuendo così a incrementare la mobilità attiva delle regioni ospitanti.
Tuttavia, questo spostamento ha un costo emotivo ed economico elevato per i pazienti e le famiglie. Da qui nasce la richiesta, da parte delle associazioni di pazienti, di potenziare i centri di riferimento regionali e favorire una rete capillare e ben distribuita su tutto il territorio nazionale.
Criticità e opportunità
Sebbene la mobilità attiva rappresenti un’opportunità per le regioni più efficienti, è anche un campanello d’allarme per quelle meno performanti. Infatti, la fuga dei pazienti verso altre regioni implica una perdita economica per il territorio di origine e, soprattutto, una mancanza di fiducia nel sistema sanitario locale.
È quindi necessario:
- Investire in formazione e aggiornamento del personale sanitario;
- Migliorare l’organizzazione e l’efficienza delle strutture locali;
- Garantire livelli essenziali di assistenza omogenei in tutte le regioni.
Conclusione
La mobilità sanitaria attiva è un fenomeno che, se ben gestito, può rappresentare un motore di miglioramento per l’intero sistema sanitario nazionale. È importante, però, che questa venga affiancata da politiche di riduzione del divario tra le regioni, per garantire il diritto alla salute su tutto il territorio, senza che i pazienti siano costretti a viaggiare per ottenere cure adeguate.